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23/04/2021 09:41 | |
Tenuta in piedi da una certa sinistra italiana a cui fa comodo dire che è un paradiso in terra
Cuba e Castro, immensa menzogna
Loris Zanatta, docente di Storia dell'America Latina a Bologna
Cuba è una grande menzogna, tenuta in piedi anche da una certa sinistra italiana a cui fa comodo credere e far credere che esiste un paese dove grazie al comunismo c'è il paradiso in terra, la scuola funziona e la sanità è di eccellenza. Niente di più falso». Così Loris Zanatta, docente di Storia dell'America Latina presso l'università di Bologna, autore di libri fondamentali nel ricostruire la storia dei paesi latino-americani, da ultimi Fidel Castro - l'ultimo re cattolico (Salerno editore) e Il populismo gesuita: Peron, Fidel, Bergoglio, ed. Laterza. Nei giorni in cui all'Avana si celebra l'VIII Congresso del partito unico e Raul Castro passa il testimone al presidente del Paese, Miguel Díaz-Canel, Zanatta dice: «Non cambierà nulla, il regime di Castro non è finito. Ormai il potere politico ed economico a Cuba è concentrato nelle mani dei militari. Riforme liberali come in Cina? Impensabili».
Domanda. Al Congresso si celebra la fine dell'era Castro?
Risposta. L'era Castro non è finita affatto. Raul Castro va via perché ha 90 anni, nessuno lo ha sconfitto e non ci sono cambi di direzione in vista. Ogni regime arrivato al potere nella storia tende a conservare se stesso. Anche il regime di Castro, al potere da 62 anni, non fa eccezione.
D. Chi sono le nuove generazioni a cui passa il testimone?
R. Gli uomini che prenderanno in mano le redini del potere sono tutti uomini dell'apparato, considerati anzi i falchi del regime, autori tra l'altro di quei decreti che hanno inferto la repressione dei movimenti che reclamavano la libertà di espressione.
D. Che cosa è il comunismo cubano?
R. Il comunismo cubano incarna l'utopia cristiana dell'antico testamento, Fidel Castro pensava di essere la reincarnazione di Cri-sto, e morendo disse infatti che erano stati sconfitti duemila anni di peccato ed egoismo, l'uomo era finalmente rinato.
D. Che cosa è diventata quell'utopia?
R. Una grande menzogna, un regime totalitario, che vuole purificare e moralizzare gli individui, decidendo cosa devono leggere, chi devono incontrare, come devono vestirsi, cosa devono pensare e chi devono amare, perché c'è chi ha deciso per loro cosa è giusto e cosa è sbagliato. E quando nella storia c'è chi vuole creare il paradiso in terra tutto diventa legittimo, anche il terrore. Il risultato è un clamoroso fallimento, Cuba oggi è più povera di 60 anni fa, nel 1959 produceva l'80% di quello che consumava, oggi importa l'80% di quello che consuma; l'acqua nelle case è continua per 24 ore solo per il 13% degli abitanti, la vita dei cubani è fatta di interruzioni di servizi. E di attese: si calcola che ogni donna cubana passi in media 7 ore al giorno in fila per il cibo presso i negozi autorizzati.
D. E le eccellenze del servizio sanitario?
R. Una bufala, così come la scuola, che serve solo ad evangelizzare la popolazione, è catechesi al regime non istruzione. Negli ospedali cubani mancano i medicinali, la gente si porta le lenzuola da casa e i medici che espatriano hanno un titolo di studio che non può essere equiparato a quello dei paesi occidentali. Non ci sono diritti umani, ma neppure civili, è impensabile protestare, organizzarsi in sindacati. I cubani si possono dividere tra quanti hanno amici potenti e quanti non li hanno, chi ha parenti all'estero che possono inviare dollari, su cui lo stato lucra, e chi invece è da solo nelle mani dello stato.
D. Il regime è ancora guidato dal partito?
R. Da una cricca di militari che guidano Gaesa, una grande corporation che controlla le importazioni a Cuba e gli investimenti in dollari dell'economia cubana.
D. Perché in Europa continua a resistere il mito di Cuba?
R. Perché a una certa sinistra anche italiana fa comodo credere e far credere che esiste un paese dove grazie al comunismo c'è il paradiso in terra, la scuola funziona e la sanità è di eccellenza, che non si rassegna a vedere quello che stato il populismo latino americano. Così come fa comodo all'estremismo cattolico non rinunciare alla teologia della liberazione. Agli intellettuali piace pensare che quello cubano sia un regime progressista, il futuro della sinistra, invece è un'utopia regressiva, reazionaria, che auspica il ritorno a mondo originario prima del peccato che in realtà non è mai esistito. Cuba è quello che più assomiglia nella storia latino americana a un regime fascista. Il potere è gerarchico, è un potere corporativo, gli individui non esistono, sono solo componenti della massa, lo stato è etico, il denaro è lo sterco del diavolo e il commercio è una bestemmia oltre che un peccato. È una società clerico militare, in cui le parole d'ordine sono moralizzazione e amor di patria.
D. Come è possibile che nulla sia cambiato?
R. Fidel diceva, e lo aveva imparato da Curzio Malaparte, che prima si prende tutto il potere e quindi si conquistano le le-ve di comando delle forze armate, dell'economia, della scuola. Poi, preso il potere, si fa la rivoluzione, si socializza, si collettivizza. Ma quando si ha tutto il potere non lo si cede più. Anche il regime fascista, se non fosse incappato nella seconda guerra mondiale, sarebbe durato molto di più e probabilmente Benito Mussolini sarebbe morto nel suo letto. Perché quando si arriva al potere si hanno tutti i meccanismi per plasmare le volontà, non solo per imporle.
D. Anche la Cina era un regime, ma ha introdotto riforme sulla proprietà e l'iniziativa privata.
R. Le riforme economiche sul modello cinese o vietnamita comporterebbero per Cuba una rivoluzione vera, il riconoscimento del-la proprietà privata e del libero commercio, l'apertura all'estero. Cuba ne avrebbe bisogno come il pane perché il suo sistema economico è uno dei più inefficienti sulla faccia della terra, non da oggi ma dal 1959, dalla rivoluzione in poi. Ma Cuba non è la Cina e Vietnam. La matrice dell'ideologia rivoluzionaria cubana ha radici di integralismo cristiano. Fidel Castro ha sempre pensato che l'economia fosse in qualche modo legata all'ideologia, alla teologia, che servisse per moralizzare il popolo cubano. Quindi è molto improbabile che quelle iniezioni di liberalismo possano esserci. Aprire all'iniziativa privata e al commercio significherebbe rinunciare al profetismo messianico.
D. Cosa cambia nei rapporti tra Cuba e Usa con la presidenza Biden?
R. Non credo cambierà nulla, anche se al regime cubano faceva più comodo un presidente come Donald Trump. Il mito di Cuba si nutre anche della potenza del proprio avversario, di quegli Stati Uniti che incarnano la supremazia del capitalismo e del protestantesimo, il nemico numero uno della cristianità ispanica.
D. E l'embargo?
R. Ormai è una foglia di fico, Cuba può commerciare con qualsiasi altro paese al mondo. L'inefficienza del sistema economico cubano non dipende dall'embargo, i primi che lo sanno sono i dirigenti cubani. Il problema è l'economia privata che non esiste.
D. Cosa potrà succedere ora?
R. Non vedo cambi all'orizzonte, un'implosione certo è sempre possibile, ma i cubani non sono più abituati a pensarsi, a progettare il loro futuro. Sono stati educati a essere eterni bambini, a essere gregari, questo succede quando si uccide la libertà. Il regime si auto-purificava espellendo ciclicamente con l'emigrazione verso gli Usa tutti i cubani che non erano assimilabili, i ribelli. Questo ha ridotto le capacità di resistenza e ribellione.
D. Un Gorbaciov cubano?
R. L'ultimo che provò a fare una rivoluzione interna fu fucilato, mi riferisco a Arnaldo Ochoa. Se ci fosse una rivoluzione oggi, il problema dei cubani, ripeto, sarebbe dover diventare adulti di colpo.
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